ESOTICO DA MORIRE
- Rino
- 12 giu 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Un’altra prova di come autoctono e alloctono non possano convivere pacificamente.
Nelle scorse settimane, oltre alla pandemia COVID-19 e alle accese proteste del movimento Black Lives Matter, è stata pubblicata da vari giornali la notizia della diffusione in Italia di un calabrone killer proveniente dall’Asia. Esattamente, di cosa stiamo parlando?
Innanzitutto, è di fondamentale importanza precisare che non si tratta del calabrone gigante asiatico – o vespa mandarina – specie più aggressiva (causa di cinquanta morti l’anno in Giappone) e di dimensioni maggiori (raggiunge i 5 cm di lunghezza) rispetto alla velutina.[1] In queste settimane sono stati individuati degli esemplari negli USA, non ancora in Europa.
La vespa velutina è un imenottero originario della Cina meridionale, in grado di raggiungere circa 3 cm di lunghezza. Introdotta accidentalmente in Francia già nel lontano 2004, la sua presenza in Italia è stata registrata per la prima volta nel 2012 in Liguria. La crescita smisurata delle popolazioni di velutina ha fatto scattare l’allarme alle principali testate giornalistiche poiché rappresenta un drammatico problema per il mondo delle api, prede preferite di questo vorace killer a strisce giallo-nere.
Per maggiori informazioni a riguardo, di seguito è presente un sito che tratta adeguatamente l’argomento:
Il discorso si amplia al problema delle specie invasive in Italia: specie animali e vegetali introdotte dall’uomo in una regione diversa da quella di distribuzione naturale. Un esempio può essere il gatto domestico, animale comune in molti Paesi del mondo, la cui introduzione sconvolse a tal punto alcuni equilibri naturali – in particolar modo gli habitat come le isole dove sono presenti specie endemiche più vulnerabili – che il gruppo ISSG (Invasive Species Specialist Group) lo introdusse nella lista delle 100 peggiori specie invasive alloctone al mondo. Mentre alcune specie sono state introdotte volontariamente per scopi prettamente commerciali, altre sono state introdotte accidentalmente. In entrambi i casi, i rapporti sulle conseguenze spesso raccontano di gravi danni all’ambiente (una biodiversità a repentaglio e la perdita degli habitat), all’economia (dal 1995 al 2006 la nutria ha provocato danni per oltre dieci milioni di €) e alla salute pubblica (è frequente che le specie aliene siano portatrici di agenti patogeni dannosi per l’uomo, ma anche per la flora e la fauna locali).[2] La preoccupazione maggiore non deriva dal fenomeno di per sé, ma dall’eccessiva quantità di specie introdotte in un periodo ridotto com’è un secolo, determinando un impatto fortemente negativo sugli ecosistemi. Bisogna specificare però che non tutte le specie invasive rappresentano un nemico da debellare il prima possibile: lo Zelus renardii, insetto proveniente dall’America settentrionale, è predatore naturale della sputacchina, insetto vettore della Xylella fastidiosa, la malattia che sta uccidendo molti ulivi del nostro Paese. [3]
Per contrastare questo problema è determinante il coinvolgimento di numerosi soggetti: dal singolo cittadino alle pubbliche amministrazioni e agli enti competenti: mentre il primo si dovrebbe impegnare a rispettare l’ambiente che lo circonda e – ove necessario – contattare uno dei numerosi centri di recupero fauna (elenco C.R.A.S.) anziché restituire un animale domestico a una natura non sua; enti e amministrazioni si dovrebbero impegnare affinché il problema venga contenuto in fretta e affrontato con il giusto metodo.
Concludo con una frase lasciata da Hemingway, un messaggio di futura speranza, che cerca costantemente radici nel presente: «Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena di lottare».
[1] Pasquale FUNELLI, Malintesi sul calabrone gigante asiatico in Italia: chiariamoci sulla vespa mandarina, in «Optimagazine» (07.05.2020) ‹malintesi sul calabrone gigante asiatico in Italia chiariamoci sulla vespa mandarina› [2] Giuseppe SARTORI et. al., Fauna aliena ed invasiva in Veneto: problemi e proposte di gestione, Veneto Tendenze 2/2016, Quaderno di documentazione del Consiglio Regionale del Veneto, 2016. [3] R. T., Ridurre la diffusione della sputacchina grazie a Zelus renardii, in «Teatro Naturale» (05.10.2017) ‹ridurre la diffusione della sputacchina grazie a Zelus renardii›

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